Assegno di inclusione per disabilità

Assegno di inclusione per persone con disabilità dal 1° gennaio 2024

Dal prossimo 1° gennaio 2024 partirà l’Assegno di inclusione, previsto dal Decreto Lavoro. La data fissata per l’invio delle domande è il 18 dicembre.

I beneficiari non saranno tutte le persone che attualmente ricevono il reddito, ma soltanto un gruppo ristretto di cittadini, con ISEE inferiore a 9.360 euro. Al loro interno troviamo persone con disabilità, minori, over 60 e persone in carico ai servizi sociali.

L’assegno di inclusione consiste in un’integrazione al reddito familiare, al fine di supportare i nuclei in condizioni economiche precarie che hanno al loro interno persone con disabilità, minori, anziani o persone con fragilità.

La cifra varierà in base ai parametri che tengono presente la composizione del nucleo, arrivando sino a 6mila euro all’anno, ovvero 500 euro al mese. Per calcolare l’importo si applicherà una scala di equivalenza, che tiene presente i componenti del nucleo familiare che rientrano nelle condizioni precedentemente menzionate.

Per beneficiare della misura, il nucleo familiare dovrà procedere alla sottoscrizione di un patto di attivazione digitale. Successivamente dovrà presentarsi ogni 3 mesi presso i servizi sociali, i patronati o i centri per l’impiego, per poter aggiornare la propria posizione.

Saranno esclusi da quest’obbligo:

  • i titolari di pensione diretta e le persone con più di 60 anni;
  • persone con disabilità e persone con patologie oncologiche;
  • persone con incarichi di cura nei confronti di minori di 3 anni, 3 o più minori e persone con disabilità;
  • persone inserite in percorsi di protezione per quanto riguarda la violenza di genere e donne vittime di violenza.

L’assegno di inclusione verrà richiesto all’INPS in modalità telematica, che verificherà le condizioni e i requisiti richiesti. La richiesta potrà essere presentata presso i CAF e i patronati, stipulando una convenzione con l’INPS.

Sale blu per disabili stazione ferroviarie

Aumentano le stazioni ferroviarie con Sala Blu per viaggiatori con disabilità

Rete Ferroviaria Italiana (RFI) ha deciso di incrementare il servizio Sala Blu, dedicato ai viaggiatori con disabilità e con ridotta mobilità che utilizzano i treni. Il servizio verrà implementato in altre dieci stazioni, ed entro la fine del mese di dicembre 2023 sarà garantito per un totale di 345 stazioni.

Il viaggio in treno per le persone con disabilità sarà, dunque, sempre più accessibile, grazie ai nuovi dispositivi per salire e scendere dal treno, come rampe da marciapiede e carrelli elevatori.

Le stazioni sono state individuate da Rete Ferroviaria Italiana intercettando le segnalazioni da parte di Associazioni, Regioni ed Istituzioni, tenendo presente i reali bisogni della collettività.

Le priorità sono state stabilite in base al contesto infrastrutturale, così come l’accessibilità nelle stazioni ferroviarie, integrandole con i dati raccolti nella piattaforma di RFI StationLand, che analizza le relazioni tra stazioni e contesti urbani circostanti.

Il Servizio Sala Blu sarà dunque disponibile anche a: Aulla Lunigiana, Chieri, Colico, Forlanini, Frattamaggiore, Gemelli, San Candido, San Giovanni Barra, Torre in Pietra-Palidoro, Treviglio.

Migliora l’accessibilità delle reti ferroviarie italiane

Con un investimento di 464 milioni di euro, Rete Ferroviaria Italiana sarà in grado di migliorare l’accessibilità in altre 81 stazioni, che andranno ad aggiungersi alle oltre 264 che risultano accessibili per le persone con mobilità ridotta.

Installate rampe e percorsi pedotattili, ascensori e innalzati i marciapiedi di 55 cm dalle rotaie. Inoltre, è stata attivata nella sede centrale di Roma la Control Room Stazioni Nazionale, che collaborerà con le altre Control Room e che monitorerà le performance gestionali e tecniche dei vari impianti.

Attivo anche il canale Infoaccessibilità, dove sarà possibile verificare qual è lo stato di funzionamento degli ascensori e delle rampe per accedere ai binari.

Mercedes classe V con sollevatore trasporto carrozzina

Sollevatore trasporto carrozzina Mercedes classe V

L’allestimento che oggi vi presentiamo riguarda l’installazione di un sollevatore per il trasporto di carrozzine per disabili su un Mercedes classe V.

Nel video che segue potete notare nel dettaglio:

  • Sollevatore automatico doppio braccio di portata 320 kg;
  • Guide a scomparsa per l’ancoraggio della carrozzina;
  • Modifica ai sedili per rendere indipendenti la panchina doppia e il sedile singolo.

In questo modo un accompagnatore può stare seduto vicino all’utente in carrozzina.

Persona in carrozzina che guarda tramonto in mare

ShowReal: una campagna per promuovere la disabilità nella pubblicità

Ci sono tantissime persone che convivono con una disabilità, ma sono ben poche le pubblicità che ne parlano. Per questo motivo è nata “ShowReal”, una campagna di sensibilizzazione con lo scopo di incentivare le aziende e il mondo della comunicazione a parlare e rappresentare in modo autentico la disabilità nelle pubblicità.

ShowReal è stata pensata da Valore D, Fondazione Diversity, OBE e YAM112003, e vedrà la partecipazione di tre creator con disabilità: Ludovica Billi, Arianna Talamone e Marco Andriano. Lo scopo della campagna è quello di far avvicinare più persone possibili al concetto di disabilità, per poter ottenere maggiori rappresentazioni anche nel mondo della pubblicità.

In questo ambito, infatti, la disabilità non è mai rappresentata. Questo forse dipende anche da un tipo di narrazione stereotipato e scorretto, che ha ampliato la distanza tra chi convive con la disabilità e chi non la conosce affatto.

L’obiettivo finale di ShowReal è quello di costruire un futuro in cui nessuno si accorgerà se il protagonista della pubblicità ha una disabilità o meno.

Secondo una ricerca condotta da Nielsen negli Stati Uniti, il settore pubblicitario non sembra essere molto inclusivo. Il 26% dei cittadini americani convive con qualche forma di disabilità: nonostante questo, soltanto l’1% delle pubblicità mostra delle persone con disabilità.

Il settore pubblicitario ha un grande potere, ovvero quello di far conoscere a più persone il mondo della disabilità; nonostante tutto, sembra non farlo adeguatamente.

Soltanto 6mila delle 450mila pubblicità che Nielsen ha preso in considerazione rappresentano anche persone con disabilità, e nella maggior parte dei casi promuovono servizi o prodotti che appartengono alla cura personale o al settore medico.

L’inclusione delle persone con disabilità all’interno delle pubblicità dovrebbe avvenire nel modo più naturale possibile, ovvero mostrando scene di vita quotidiana. Non bisognerebbe includerle soltanto quando si ha intenzione di pubblicizzare determinati servizi, poiché la loro vita va oltre alla disabilità in sé, ed è quindi corretto che siano protagonisti di qualsiasi pubblicità.

Bambole con disabilità

Bambole con disabilità per combattere stereotipi e differenze

Tutti dovrebbero rispettarsi, e nessuno dovrebbe sentirsi sbagliato o in difetto. Si tratta di nozioni fondamentali che si imparano sin da piccoli, per riuscire ad accettarsi e rispettare sé stessi e il prossimo. Per fare questo ci sono tanti strumenti, come il gioco.

Di recente, Amy Jandrisevits, un’ex assistente sociale, ha cominciato a realizzare delle bambole con disabilità che rispecchiano i proprietari, ovvero bambini che hanno le stesse problematiche e difficoltà.

Con la realizzazione delle bambole con disabilità si tenta di abbattere stereotipi e differenze, realizzando un progetto unico. Infatti, in commercio troviamo bambole tutte uguali, e sembra quasi che la diversità sia qualcosa di sbagliato.

«Sono una produttrice di bambole convinta che ogni bambino, indipendentemente da sesso, etnia, età, problema medico o tipo di corso, dovrebbe avere una bambola che gli somiglia», dichiara Amy Jandrisevits.

Jandrisevits nasce come assistente sociale all’interno di un reparto ospedaliero di oncologia pediatrica. Nel suo lavoro con i bambini ha utilizzato spesso la terapia del gioco, avvalendosi delle bambole per aiutare i bambini ad esprimersi al meglio.

L’idea le è venuta proprio lavorando: «Molti dei bambini che seguivo non avevano mai avuto i capelli e non si rispecchiavano in quelle bambole. Continuavano a farmi domande sul perché loro non somigliassero ai giocattoli». Proprio per questo ha creato delle bambole diverse tra loro, come i bambini che seguiva.

Jandrisevits, durante il suo lavoro si è ritrovata spesso di fronte a situazioni difficili, talvolta strazianti, dovendo assistere bambini che si sottoponevano a cure aggressive, responsabili di importanti cambiamenti nei piccoli che faticavano a riconoscersi.

Dare delle bambole praticamente perfette a questi bambini non li aiutava affatto, anzi, accentuava ancora di più le differenze con i giocattoli, senza offrire loro la possibilità di identificarsi. Per un bambino è molto straziante non riuscire a riconoscersi in un giocattolo, soprattutto durante la crescita.

Jandrisevits ha fondato anche un’associazione no profit, A Doll Like Me, per consentire a chiunque di fare delle offerte per realizzare bambole che non rispecchiano alcun stereotipo di bellezza.

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