Studenti nei panni di una persona non vedente: ecco il progetto SENSES (Seeing with new eyes)

Secondo l’ISTAT, in Italia ci sono più di 300mila alunni con disabilità, con un’incidenza che si attesta intorno al 3,6% del totale degli studenti. La percentuale, nel corso degli ultimi anni, è aumentata, anche e soprattutto perché oggi si pone maggior attenzione nella diagnosi e nella certificazione delle disabilità tra i più giovani.

Il sistema dell’istruzione, di conseguenza, comincia ad aver maggior sensibilità per quanto riguarda l’inclusione scolastica. A Trento, per esempio, si è osservato che il numero degli studenti con disabilità visiva sembra essere triplicato nel corso degli ultimi 10 anni.

Affinché tali studenti sfruttino al meglio le loro potenzialità non è sufficiente che dispongano di sostegni didattici personalizzati e ausili: è necessario anche che siano inseriti in un contesto scolastico inclusivo nei loro confronti.

Dunque, risulta fondamentale che gli studenti “normodotati” abbiano una buona conoscenza del mondo della disabilità visiva, eliminando pregiudizi nei confronti dei loro pari ciechi o ipovedenti e accogliendo informazione e consapevolezza.

Una merenda al buio per aumentare l’empatia

Ed ecco che entra in gioco il progetto SENSES (Seeing with new senses), che ha coinvolto 350 studenti degli istituti superiori della provincia di Trento, mettendoli nei panni di una persona cieca per un giorno, mentre si godevano una merenda al buio.

L’esperienza è avvenuta a bordo di una “Dark on the Road”, un ristorante-veicolo di proprietà della cooperativa sociale Abilnova. Erano presenti camerieri ciechi, che gli hanno aiutati ad orientarsi, a mangiare e a scoprire il cibo al buio.

Inoltre, gli studenti hanno preso parte ad una lezione di 50 minuti riguardo la disabilità visiva. Il progetto SENSES è stato finanziato dalla Fondazione Caritro, coinvolgendo tre istituti superiori.

La parola agli esperti

Davide Azzolini, ricercatore che si è occupato dello studio del progetto, ha dichiarato che l’intervento ha aumentato, negli studenti, la conoscenza del mondo della disabilità visiva, la loro empatia, ma soprattutto la consapevolezza sulle reali capacità delle persone cieche o ipovedenti di condurre una vita qualitativamente simile a chi non ha disabilità.

«Questi risultati dimostrano il potenziale di interventi che combinano informazione mirata e sperimentazione della prospettiva di altre persone. Si tratta, pertanto, di un contributo conoscitivo importante per tutte le realtà scolastiche che, in collaborazione con enti locali e realtà territoriali, sono impegnate ad attivare strategie che potenzino i processi di inclusione degli studenti con disabilità», spiega Azzolini.

«È fondamentale che gli studenti “normodotati” acquisiscano una buona conoscenza delle disabilità e si rapportino nei confronti dei loro pari senza pregiudizi, ma con consapevolezza e informazione», conclude.

“Basta una zampa”: la dog therapy per bambini con disabilità

Basta una zampa” è un progetto attivo in 8 ospedali italiani. Si tratta di una Dog Therapy pensata e promossa da For a Smile Onlus, per regalare un po’ di distrazione e sollievo ai bambini con disabilità ospedalizzati e alle loro famiglie.

Per esempio, nella sala d’attesa della Dental School di Torino, due volte al mese ci saranno un Lagotto Romagnolo e un Golden Retriever, accompagnati da dei professionisti certificati I.A.A (interventi assistiti con animali) dell’Associazione Sorrisi a 4 Zampe.

I piccoli pazienti con difficoltà psico-fisiche e disabilità gravi verranno accompagnati alla poltrona direttamente dai due cagnolini, per affrontare con più coraggio le sedute di odontoiatria. Durante le sessioni di dog therapy saranno presenti anche i dipendenti di Elanco, una delle principali aziende che si occupa della salute degli animali.

Nella dog therapy gli amici a quattro zampe coinvolgono attivamente i bambini nelle attività di gioco, distraendoli dai pensieri negativi. In realtà, è sufficiente la loro presenza per ridurre l’ansia durante l’attesa dei trattamenti.

Spiega il direttore della Dental School, Elio Berutti: «Chi ha necessità può poi farsi accompagnare fino alla poltrona del dentista e stare insieme al paziente durante le terapie». I benefici sono assolutamente evidenti, sia per le famiglie che per i bambini, che vivranno momenti di stacco e leggerezza, consentendo a tutto lo staff medico-ospedaliero di operare in una situazione “meno tesa”.

«Accade qualcosa di speciale quando un bambino incontra un amico a quattro zampe», spiega Ludovica Vanni, presidente di For a Smile Onlus. «L’attività con i cagnolini regala ai bambini senso di protezione in una fase dominata dall’incertezza, distoglie l’attenzione dall’ambiente ospedaliero, rafforza la complicità, aumenta la fiducia verso gli operatori sanitari, aiuta ad elaborare un linguaggio verbale e non verbale nella comunicazione e costituisce una indiscutibile valvola di sfogo nell’attesa».

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“Le cronache di Nanaria”: la prima serie tv italiana sulla dislessia

Su Rai Gulp è arrivata “Le Cronache di Nanaria”, primissima serie tv per giovani dedicata al mondo della dislessia, diretta da Matteo Gentiloni. Arianna, la protagonista della serie, è una brillante undicenne che sin dalle elementari presenta degli “inspiegabili” problemi di apprendimento, accompagnati anche dalle spiacevoli prese in giro delle sue compagne di classe.

La ragazza, con un video diario, racconta il suo ingresso alle scuole medie, caratterizzato da disavventure scolastiche ma soprattutto dalla scoperta di un corso di teatro, dove incontra Nora, un’estrosa insegnante predisposta all’ascolto.

Oltre a Nora, Arianna incontra tanti compagni di viaggio, grazie ai quali trova la forza per superare le sue difficoltà. Sul palcoscenico, la giovane protagonista si cimenta in esercizi di improvvisazione e di immedesimazione, imparando ad esprimere tutta la sua creatività e il suo potenziale.

Ma soprattutto, impara ad accettarsi. Arianna, infatti, commette un errore mentre scrive il suo nome davanti a tutti, ma grazie ad un colpo di genio trasforma l’errore in un raffinato nome d’arte: Nanaria.

La dislessia, in poche parole

La dislessia è un DSA, un disturbo specifico dell’apprendimento, che si manifesta con difficoltà nella lettura, con lentezza e/o frequenti errori, nonostante l’intelligenza sia nella norma. La dislessia riguarda 1 alunno per classe, ovvero circa 3 milioni di persone in Italia.

Nonostante tutto, è un disturbo ancora poco conosciuto, dai giovani e dai genitori. Per questo, spesso rimane un disturbo invisibile, con ritardi significativi nella diagnosi, aumentando le possibilità di compromissione sia della carriera scolastica sia dell’intero percorso di crescita personale.

Una serie tv per eliminare lo stigma

“Le cronache di Nanaria” mira all’informazione e alla sensibilizzazione della dislessia, attraverso un linguaggio corretto e vicino ai più giovani. Inoltre, vuole superare lo stigma generalmente collegato a questo DSA, affrontando, con ironia e leggerezza, i temi della crescita, come l’accettazione di sé e dell’altro, l’amicizia, la solidarietà, l’esplorazione dei propri talenti e delle proprie capacità.

La serie ospita anche le opere di Enrico Benaglia, un’artista contemporaneo che ha affrontato una diagnosi tardiva di dislessia, impreziosendo il palcoscenico nel quale si muovono i ragazzi, regalando un’atmosfera sognante e magica, nella quale tutto può accadere: basta l’immaginazione.

Un uomo cieco ritorna a vedere: il primo intervento al mondo

Primo intervento di autotrapianto

All’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, per la primissima volta una persona cieca ha recuperato completamente la vista ad un occhio grazie al suo altro occhio non vedente. «Quando mi sono risvegliato e ho iniziato a vedere i contorni delle mie dita e della mano, è stato come nascere di nuovo», queste le prime parole dell’uomo.

È stato possibile ricostruire la vista ad un occhio partendo da due occhi non vedenti. Tutto questo grazie ad un autotrapianto di cornea, successivamente allargato a congiuntiva e sclera. Un intervento straordinario eseguito per la prima volta in tutto il mondo dal professor Vincenzo Sarnicola.

E.B., un 83enne della provincia di Torino, da 6 anni aveva perso completamente la vista, a causa di due gravi patologie. L’uomo oggi ha recuperato la vista all’occhio destro, e a due settimane dall’intervento riesce a riconoscere oggetti e volti ed è capace di muoversi in autonomia.

Cieco da 30 anni

Da 30 anni il paziente aveva perso la vista all’occhio sinistro a causa di una cecità retinica non reversibile. Negli ultimi 10 anni, inoltre, aveva cominciato a perdere progressivamente la funzione visiva anche all’altro occhio, a causa di una rara patologia cronica che gli ha distrutto la cornea e la superficie oculare.

Per questi motivi aveva eseguito due tradizionali trapianti di cornea all’occhio destro, purtroppo falliti entrambi. Spiega il dott. Sarnicola: «Normalmente la cornea presenta un tasso di rigetto molto più basso rispetto ad altri organi vascolarizzati, ma in presenza di un’alterazione diffusa di tutta la superficie oculare, come nel caso del paziente, questo rischio diventa altissimo».

Per la prima volta al mondo, con questo intervento si è riusciti a realizzare un autotrapianto di tutta la superficie. Spiega Sarnicola: «L’intervento è stato eseguito prelevando dall’occhio sinistro, irrecuperabile dal punto di vista funzionale, ma con la cornea e la superficie oculare in buona salute, tutta la congiuntiva, tutta la cornea e due millimetri di sclera, in un unico pezzo. In pratica un terzo dell’occhio sinistro è stato autotrapiantato nell’occhio destro, che quindi è stato ricostruito ed è tornato a vedere».

Ma la novità vera e propria «consiste nell’aver allargato il trapianto corneale all’intera superficie oculare, ai tessuti congiuntivo-sclerali, che giocano un ruolo fondamentale nel permettere il successo del trapianto in condizioni particolari, come nel caso del nostro paziente. Allo stesso tempo, l’occhio sinistro è stato ricostruito con tessuti da donatore solo a scopo estetico».

«L’intervento è stato straordinario ed il paziente, oggi dopo due settimane, ha ripreso a vedere e si muove autonomamente. Siamo molto emozionati e ci aspettiamo un successo duraturo nell’occhio destro, perché ricostruito con tessuti propri del paziente e quindi potenzialmente al riparo dai problemi di rigetto che hanno afflitto i precedenti trapianti», conclude.

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