Giancarla riacquista la vista grazie al primo trapianto alla cornea con protesi sintetica

Un risultato straordinario quello avvenuto al Policlinico Sant’Orsola di Bologna. Giancarla, cieca da cinque anni, grazie ad un trapianto di protesi endoteliale ha riacquistato la vista. Il trapianto è già stato eseguito nel resto del mondo, ma questa è la prima volta che avviene in Italia.

L’intervento è stato eseguito in mezz’ora da Luigi Fontana, direttore dell’Oftalmologia del Policlinico di Sant’Orsola e Docente di Malattie dell’Apparato Visivo dell’Università di Bologna.

Che cos’è l’endotelio corneale

Per riuscire a vedere correttamente è necessario che l’endotelio corneale svolga correttamente il suo compito, ovvero quello di mantenere trasparente la cornea.

Nei pazienti che hanno un deficit nell’endotelio corneale, fino ad oggi l’unico modo per ristabilire la vista era il trapianto attraverso un donatore. In questo caso, invece, la protesi è stata creata con un materiale simile alla plastica, e funziona esattamente come l’endotelio di una cornea.

Spiega Fontana: «Il valore aggiunto principale di utilizzare questo sistema sta nella minore percentuale di rigetto e nella poca invasività dell’intervento, quasi ambulatoriale».

La storia di Giancarla

Giancarla ha 76 anni ed è affetta da scompenso endoteliale, con opacizzazione della cornea e glaucoma. Negli ultimi anni si era sottoposta a due interventi (falliti) di trapianto con cellule endoteliali provenienti da dei donatori.

Prima dell’ultima operazione, la donna si trovava in una condizione di cecità totale, poiché riusciva a distinguere soltanto ombre e luci, ma non le forme. Ora, la sua cornea è trasparente e ha una capacità visiva di 6 decimi.

La protesi endoteliale che è stata impiantata in questo caso è composta da uno strato sottile di materiale sintetico. È una specie di lente a contatto, morbida e pieghevole, che se introdotta nell’occhio aderisce alla parete interna della cornea.

Gli esperti, nonostante gli ottimi risultati, sono ancora riluttanti nel sostenere che l’endotelio artificiale possa sostituire completamente il trapianto di tessuto da donatore, ancora in grado di garantire un ottimo risultato visivo e con bassi rischi di complicanze nei pazienti.

Tuttavia, gli studi in corso dimostrano quanto siano sicuri ed efficaci questi impianti nei pazienti con complesse e particolari patologie della cornea.

Emiliano e Chiara: un amore che corre in moto per superare ogni disabilità

Esattamente dieci anni fa, alla 200 Miglia del Mugello è nata una storia d’amore. Chiara era appena tornata sulla moto dopo 4 anni di stop a seguito di un infortunio alla spalla ed Emiliano era alla sua seconda gara dopo un’amputazione della gamba destra a causa di un incidente in moto.

Coppia nella vita ma rivali in pista. Entrambi, infatti, sono campioni europei: Chiara Valentini nel 2006 a Rijeka ed Emiliano Malagoli quest’anno a Jerez. «Prima andava più forte lei, ora io», dice Emiliano.

«Quando ho saputo che quel giorno, in quello stesso circuito, c’era un pilota senza una gamba, andai subito a conoscerlo e mi complimentai con lui», ricorda Chiara. «Io mi ero fermata per molto meno».

«Entrambi volevamo organizzare un campionato per persone con disabilità. Così siamo partiti alla ricerca di uno sponsor e il 27 dicembre 2012 è stato il momento in cui è cominciata la nostra storia d’amore».

Prima dell’incontro con Emiliano, Chiara non si era mai confrontata con il mondo della disabilità. «Il primo approccio fu a Binetto: nel furgone e ai box vedevo una gamba volante di qua e una di là. Solo il primo giorno rimasi interdetta, poi ci pensò Emiliano, con quel suo fare scherzoso, a non far pesare la sua disabilità».

I due hanno deciso di adottare Sophie, una cagnolina senza una zampa presa in un canile. «Anche lei salta, corre, gioca come tutti gli altri cani: la disabilità sta solo negli occhi di chi la vuol vedere».

Diversamente Disabili Onlus

Emiliano e Chiara, un mese dopo l’incontro hanno fondato l’associazione Diversamente Disabili Onlus, che rimette in sella persone con varie disabilità tra gare, corsi ed eventi di Mototerapia. «Sono queste le soddisfazioni più grandi: aiutare chi ne ha bisogno a realizzare i propri sogni».

Emiliano, prima dell’incidente gareggiava in moto, e dopo l’amputazione ha cercato in tutto il web qualcuno o qualcosa che lo aiutasse e rimettersi in sella. «Nei giorni in cui ero ricoverato in ospedale era il mio unico pensiero e così mi misi a cercare notizie su come poterlo fare, ma trovai solo il buio più totale». Non solo in Italia, ma anche in Europa e nel resto del mondo.

«Ma come è possibile che interessi solo a me?», si è domandato più volte. Emiliano non era il solo, però, a voler tornare a correre, viste le oltre 400 persone che si sono affidate alla sua associazione per tornare a correre.

Addio alle barriere digitali: anche il web diventa più accessibile

Dallo scorso 5 novembre si è allargata la platea dei soggetti che devono rispettare le norme sull’accessibilità di siti web e app, rimuovendo le barriere digitali per le persone con disabilità.

La Legge 120/2020 è intervenuta sulla Legge Stanca (Legge 4/2004). D’ora in poi, anche le aziende private dovranno rispettare le norme sulla fruibilità e sull’accessibilità dei siti web e delle app per smartphone. La pena è quella di incorrere in sanzioni corrispondenti al 5% del fatturato.

L’obbligo, nello specifico, riguarda:

  • Pubblica Amministrazione;
  • enti pubblici economici;
  • aziende municipalizzate regionali;
  • aziende private concessionarie di servizi pubblici;
  • aziende di trasporto e di telecomunicazione;
  • enti di assistenza e riabilitazione pubblici;
  • aziende appaltatrici di servizi informatici;
  • soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei servizi;
  • organismi di diritto pubblico;
  • soggetti giuridici differenti rispetto a quelli sopra elencati, che offrono servizi al pubblico tramite web o applicazione con fatturato superiore a 500 milioni di euro negli ultimi tre anni.

Principio di uguaglianza

Al fine di garantire il principio di uguaglianza, nel pieno rispetto dell’articolo 3 della nostra Costituzione, tutti devono avere la possibilità di accedere alle informazioni e ai servizi relativi. E se per accedere alle informazioni sono necessari strumenti informatici e telematici, dovrà essere garantita la piena accessibilità di tali strumenti.

Come definito dalla Legge Stanca, il concetto di accessibilità indica «la capacità dei sistemi informatici ivi inclusi i siti web e le applicazioni mobili, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari».

Dichiarazione di accessibilità

Per rispettare questi principi i gestori dei siti web dovranno dotarsi di una dichiarazione di accessibilità, da aggiornare il 23 settembre di ogni anno. La dichiarazione dovrà contenere i dettagli analitici sull’accessibilità e la fruibilità da parte dei propri siti e delle proprie app.

La dichiarazione dovrà essere redatta utilizzando il modello di dichiarazione messo a disposizione da Agid e dovrà essere accessibile attraverso un link da apporre nel footer del proprio sito web o nelle informazioni dello store.

Onere sproporzionato

Secondo l’art.3 della Legge Stanca, il rispetto delle disposizioni sulla fruibilità e sull’accessibilità dei siti web e delle app è escluso se esiste un onere sproporzionato, ovvero, un onere finanziario e organizzativo eccessivo.

Il soggetto erogatore, in ogni caso, dovrà indicare le parti dell’app o del sito inaccessibili e fornire anche le ragioni che vanno a determinare tale inacessibilità, indicando eventuali soluzioni alternative.

Francesco, costretto a restare a casa da scuola perché nessuno può accompagnarlo al bagno

A Monserrato, in provincia di Cagliari, uno studente con disabilità non è potuto andare a scuola perché mancava il collaboratore scolastico autorizzato ad accompagnarlo in bagno.

La storia di Francesco è finita sui media nazionali grazie ai suoi compagni di scuola che hanno promosso una petizione e che presto sciopereranno fino a quando il ragazzo non avrà il loro stesso diritto allo studio.

Francesco frequenta l’Istituto Professionale Alberghiero Antonio Gramsci di Monserrato. Ha 19 anni, e per muoversi utilizza la sedia a rotelle. Ha un ottimo rapporto con i suoi compagni di classe, con gli insegnanti, e ama andare a scuola.

Per andare al bagno necessita dell’ausilio di un collaboratore scolastico. Ma se quest’ultimo si assenta si va a creare un vero e proprio cortocircuito. Lo scorso venerdì, Francesco era in classe, ma il collaboratore autorizzato era assente. Il ragazzo aveva la necessità di andare al bagno, ma nessuno poteva aiutarlo e ha dovuto attendere l’arrivo della madre.

«Non solo ha dovuto attendere l’arrivo della madre per poter essere portato in bagno», spiegano i compagni di classe, «ma è stato costretto a lasciare l’istituto in lacrime perché nessuno poteva occuparsi di lui. A causa di questa situazione vergognosa i giorni seguenti si è visto costretto a stare a casa».

«Mio figlio è potuto tornare a scuola solo quando abbiamo avuto la certezza che fosse presente il collaboratore scolastico», spiega la madre di Francesco. «Non volevo privare Francesco di questo diritto, che per lui è anche un piacere, ma ogni giorno ho paura che mio figlio possa avere dei problemi».

I ragazzi della scuola di Francesco hanno diffuso un comunicato stampa per annunciare assemblee e manifestazioni per difendere il diritto allo studio, dove sono state inserite anche delle dichiarazioni della madre.

«Francesco ha 19 anni e come essere umano ha il diritto di essere rispettato», si legge nella nota, «e non merita di piangere ancora una volta perché nessuno lo accudisce nei suoi bisogni primari». La madre ha dovuto chiedere di nuovo aiuto ai carabinieri che conoscevano già la situazione, viste le precedenti denunce.

Conclude: «Ora, grazie al coraggio e alla solidarietà dei ragazzi, ho ritenuto giusto far sapere questa storia a tutti perché si metta rimedio per lui e per chi voglia frequentare l’istituto».

Moda e inclusione: la disabilità oltre il marketing

I ragazzi di Insuperabili testimonial di Kappa

Per la campagna autunno-inverno 2022, lanciata sui social, il brand di abbigliamento Kappa ha selezionato come testimonial i ragazzi di Insuperabili, società che si occupa di promuovere il calcio per persone con disabilità.

Insieme al brand torinese partecipano altri due team, Le Strulle e Truly Design. Attraverso video e immagini, Kappa, con la campagna digital #KeepPerforming, mette in risalto la diversità, la ricerca di nuovi orizzonti e la forte determinazione nel voler superare gli ostacoli.

Secondo il presidente di Insuperabili, Davide Leonardi: «Questa nuova sfida rappresenta per noi un motivo di orgoglio e una grande emozione. Questo momento costituisce un passaggio importante di un percorso condiviso e cominciato l’anno scorso. Sono entusiasta di vedere i ragazzi di Insuperabili scelti come Testimonial per una campagna così importante come #KeepPerforming, che promuove gli stessi valori ed obiettivi che cerchiamo di trasmettere a tutti i nostri atleti ogni giorno».

Continua: «Siamo infatti fermamente convinti che il team sia in grado di migliorare, accrescere e potenziare il valore del singolo, in ogni contesto sportivo e non. Per una realtà come la nostra, nata a Torino, è un onore lavorare con un partner del valore di Kappa. Siamo sicuri che da qui al 2025 potremo realizzare altri grandi progetti insieme».

La disabilità è glamour

Anche Giulia Bartoccioni, fondatrice del brand Iulia Barton, sta cercando di rivoluzionare il mondo della moda eliminando gli stereotipi della disabilità.

«Quando una persona disabile passa davanti ad una vetrina, pensa che quell’abito non fa per lei. E non ha torto. Perché la moda resta un mondo poco accessibile per chi ha corpi non conformi. Ecco perché ho deciso di cambiare prospettiva con una collezione che fosse facile da portare e che demolisse l’idea della disabilità come qualcosa di poco compatibile con il glamour».

Il progetto nasce sei anni fa grazie al coinvolgimento di uomini e donne appartenenti a contesti sociali solitamente esclusi dal mondo della moda, al fine di trasformarli in modelli e icone per le passerelle internazionali. Precisa Bartoccioni: «Siamo i primi al mondo. Stilisti e designer temono che un abito su una modella in carrozzina non abbia lo stesso effetto, ma non è così».

La fotografia di Nielsen

In America, più di un quarto della popolazione ha una disabilità, ovvero il 26% dei cittadini. Tuttavia, soltanto l’1% delle pubblicità includono persone con disabilità.

Questa è la situazione fotografata da Nielsen: analizzando 450mila pubblicità trasmesse in prima serata, quelle che includono persone con disabilità sono soltanto 6mila, e più della metà promuove servizi o prodotti del settore medico.

A livello mondiale, il mercato dei brand che includono la disabilità nelle loro campagne ricopre soltanto il 3% della spesa complessiva. Ma qualcosa, piano piano, comincia a muoversi.

La pubblicità tradizionale comincia a cambiare, ed è sempre più interessata a rappresentare la disabilità nella sua quotidianità. Philadelphia, per esempio, nella sua ultima campagna europea ha incluso una persona con disabilità nel cast.

Persone al centro

La vera sfida, tuttavia, è la declinazione del messaggio in maniera coinvolgente ed efficace.

Per Laura Corbetta, Presidente di Osservatorio Branded Entertainment (Obe), «si tratta di sfide molto significative per i brand che, grazie alla loro rilevanza, si trovano spesso a guidare all’interno delle audience di riferimento una trasformazione culturale e sociale in termini di linguaggio, rappresentazione, superamento dei pregiudizi».

Siamo in una nuova dimensione della comunicazione, «che trae nutrimento dai valori del brand, della sua autenticità e passione, e che richiede molta consistenza per atterrare in azioni concrete, consapevoli e credibili. Un contenuto che parla di disabilità è apprezzabile, ma diventa controproducente se basato su rappresentazioni stereotipate o se chi lo promuove non lo pratica quotidianamente».

Infatti, l’esigenza è quella di una narrazione orientata alla quotidianità, «che esca da rappresentazioni polarizzate. Mettere al centro la persona più che il consumatore è l’elemento realmente differenziante per costruire una relazione più profonda e di lungo termine con le audience».

 

Foto: insuperabili.eu

 

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