Essere caregiver di un familiare con disabilità comporta spesso una serie di tutele particolari per il lavoratore. Tuttavia, uno dei temi più delicati riguarda la possibilità per l’azienda di trasferire il dipendente che assiste un parente in situazione di grave handicap.
Recentemente, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su questo aspetto, precisando che il lavoratore caregiver non è automaticamente escluso dal rischio di trasferimento. Infatti, l’esigenza di assistenza al familiare disabile rappresenta certamente un elemento che l’azienda deve considerare, ma non costituisce un divieto assoluto di trasferimento.
Quando il trasferimento è legittimo?
Il trasferimento del lavoratore caregiver può essere considerato legittimo solo se l’azienda è in grado di dimostrare l’esistenza di concrete esigenze organizzative che lo rendano indispensabile. In altre parole, non è sufficiente una generica motivazione aziendale: devono emergere reali necessità operative che giustifichino lo spostamento del dipendente in altra sede.
La Cassazione, infatti, ha sottolineato che il diritto del lavoratore di assistere un familiare disabile non prevale in modo assoluto sugli interessi organizzativi dell’impresa, ma deve essere bilanciato caso per caso.
Cosa deve fare l’azienda?
Prima di procedere con un trasferimento, l’azienda deve:
- valutare attentamente la situazione del lavoratore;
- considerare l’impatto che il trasferimento avrebbe sull’assistenza prestata;
- dimostrare che non esistono alternative meno impattanti.
In assenza di queste condizioni, il trasferimento potrebbe essere considerato illegittimo e impugnabile dal lavoratore.